Articolo uscito su Quasicultura.
Sono tantissimi gli scrittori in erba che temono il processo di editing, perché lo associano a un totale stravolgimento del loro testo, rimanendo fermi nella convinzione di aver corretto così tante volte il proprio romanzo da averlo reso perfetto e pronto per la pubblicazione. Ma non è mai così.
Cos’è l’editing
Proponiamo la definizione del vocabolario Treccani:
editing ‹èditiṅ› s. ingl. [dal v. (to) edit «curare l’edizione di un’opera»], usato in ital. al masch. (e comunem. pronunciato ‹èditiṅġ›). – 1. In editoria, cura redazionale di un testo per la pubblicazione, cioè lettura attenta intesa a verificare la correttezza di ortografia, grammatica, sintassi, l’organizzazione strutturale del testo e la sua coerenza interna, l’adeguatezza dello stile, l’esattezza e la rispondenza alla realtà delle asserzioni scientifiche, storiche, ecc.
L’editor, questo sconosciuto.
Ma chi è o dovrebbe essere l’editor? L’editor è prima di tutto un lettore. Fortissimo, e di libri diversi e spesso lontani dai suoi gusti personali. Anche se può sembrarlo, non è scontato che debba avere una perfetta padronanza della lingua italiana, della varietà degli stili, delle dinamiche narrative.
Quello che l’editor fa non è modificare il testo altrui secondo il suo personale modo di intendere la scrittura, ma diventare piuttosto un alter ego dell’autore, conservando tuttavia lucidità e indipendenza di giudizio.
La sua capacità è quella di restare dietro le quinte della storia, mantenendo un confronto dialettico con l’autore attraverso consigli e proposte di intervento sulle parti più deboli. Prendendo in prestito le parole di Roberto Calasso, il buon editor deve possedere “occhio e orecchio prensile”, cioè deve saper intercettare armonia e cacofonia, oltre che la presenza necessaria o ingombrante di un vocabolo, scorgere vizi e virtù del periodare per conferire al testo la veste più adatta.
Editor e autore: un passo a due?
Si sente spesso dire che, durante la fase di editing, tra editor e autore si instauri un rapporto di intesa e reciproca fiducia. Lavorando a stretto contatto con l’autore, l’editor può diventare, infatti, una vera e propria guida, un artigiano professionista a cui affidarsi durante tutto il percorso di lavorazione dell’opera. Questo nel migliore dei mondi possibili. Resiste strenuo, infatti, il mito dello scrittore solitario e autoreferenziale che teme di dover dividere i propri meriti con altri.
Ma alcuni tra i più grandi scrittori del Novecento sono stati affiancati da editor che hanno contribuito a liberare il genio già insito nelle loro opere. La Terra desolata di T.S. Eliot subì un editing radicale da parte di Ezra Pound, così come la consulenza editoriale di William Shawn, temibile editor del New Yorker, è stata cruciale per J.D. Salinger, il cui stile è stato uno dei più influenti del dopoguerra.
Come scrive Jay McInerney, “Shawn aveva l’abitudine di scarabocchiare numerosi suggerimenti, sia di poco conto che fondamentali, sui margini dei manoscritti dei propri autori (quando ero un semplice impiegato al New Yorker, ne ho visti alcuni, di questi manoscritti). Molti critici lamentavano il pericolo che questa pratica tendesse a creare lo ‘stile della casa’. D’altro canto, questo sistema di lavoro ha prodotto scrittori diversi e originali come J.D. Salinger, John Updike, John Cheever e Donald Barthelme” [v. qui l’articolo completo di McInerney].
Anche Raymond Carver doveva molto al suo editor Gordon Lish: i consigli e gli interventi di Lish contribuirono in maniera significativa al celebre stile minimalista di Carver, potenziando la voce dell’autore già di per sé originalissima e inimitabile.
Anche Raymond Carver doveva molto al suo editor Gordon Lish: i consigli e gli interventi di Lish contribuirono in maniera significativa al celebre stile minimalista di Carver, potenziando la voce dell’autore già di per sé originalissima e inimitabile.
Sull’editing, in definitiva
Caro aspirante scrittore, alcuni commenti possono non piacerti, altri finisci per accettarli. Puoi discutere a lungo su una parola, perché a te sembra perfetta ma l’editor ti dice di no. Puoi litigare sul tempo che un personaggio impiega per spostarsi in metro da una parte all’altra della città, perché per l’editor non è credibile. Puoi scegliere se fidarti completamente o se conservare ancora un pizzico di diffidenza: l’ultima parola è comunque la tua. Ma, alla fine, riconoscerai quanto l’editing ti abbia aiutato ad aprire finestre che non immaginavi e a sciogliere nodi che, dall’interno, non avresti mai potuto notare.
Eleonora Marchetti